Banzi ci accoglie serena, adagiata com’è su una collina a 568 metri di altitudine. Anticamente chiamata Bantia o Bandusia, Banzi è uno dei paesi più antichi d'Italia. Gli insediamenti abitativi e i referti tombali più lontani nel tempo sono databili tra il IX e l’VIII secolo a.C. Era una città osco-sannita posta a capo della confederazione di pagus che caratterizzava gli insediamenti di questo territorio lucano confinante, a nord-est della regione, con il territorio appulo-dauno. Plinio il Vecchio indica nei "Bantini" uno degli undici popoli pre-romanizzati che costituiscono l’antica Lucania, regione che, con i Romani, diventerà la III regio augustea.
Tra il IV e il III sec. a.C. Bantia si adegua alle nuove esigenze politico-economiche e militari legate al crescente espansionismo romano. Questo è il periodo in cui si segnala una forte destabilizzazione demografica del territorio osco-sannitico di una vasta zona che va da Canosa, in terra dauna fino all’Alto Bradano e al Vulture. Sono luoghi dai quali la gente emigra trasferendosi nella nascente Venusia per le opportunità di crescita socio-economica che Roma garantisce. In questa zona, diversi decenni dopo, Tito Livio scriverà, nella sua opera "Ad urbe condita", che il console romano Marcello troverà la morte "inter Venusiam Bantiamque" cioè tra Venosa e Banzi durante una battaglia contro l’esercito di Annibale.
Tra i referti più significativi di Bantia si segnala la Tabula Bantina Osca, una tavola in pietra con tutte le leggi che bisognava rispettare. Costituisce il secondo più corposo e significativo documento scoperto in lingua osca. Dai tre frammenti della Tabula si è spesso partiti per cercare di approfondire la conoscenza delle organizzazioni e del modello politico-amministrativo delle comunità Osche, dell’insediamento di Bantia, delle lingue italiche e dei rapporti di Roma con le città dell’Italia, in particolare con gli insediamenti dei Lucani.
Banzi ha una ricca ed estesa "domus romana" appartenuta al sacerdote Romanius, con la presenza, al suo interno, di terme e di un altare. Una pregiata epigrafe mosaicizzata e posizionata all’ingresso della villa riporta in latino:"ROMANIUS FM CAM SACERDOS BALNEA EX SUA PECUNIA FACIUNDA CURAVIT" " Il sacerdote Romano figlio di Marco della tribù Camilia curò la costruzione delle terme con il suo denaro".
Tutti i suoi ambienti erano decorati con intonaci rossi e policromi. Essa sorgeva vicina al Templum auguraculum in terris un tempo formato da nove cippi infissi in terra collocati secondo la traiettoria del sole e sulla cui sommità erano riportati i nomi delle divinità del pantheon osco-latino.
"O fons Bandusiae splendidior vitro" nella letteratura, Bantia viene così immortalata da Orazio Flacco nella lirica "Fons Bandusiae" che a tutt’oggi costituisce l’unica poesia del mondo pagano dedicata al tema della sacralità delle acque. In uno dei suoi studi Anton Meyer ha sostenuto la tesi che il nome Bandusia sia da collegare ad un luogo di culto giapodico o illirico, non lontano da una sorgente dal nome Dio Bindo - Nettuno scoperto in Bosnia presso Bihac nel 1895. A suo avviso bandusio è un participio perfetto del verbo illirico "bend" che vuol dire "scorrere" "fluire". L’illirico Bandusia, dunque, significa fonte o sorgente. Per Mayer la fonte bandusia non può che essere lucana.
Il luogo dove visitiamo l’antica "Fons Bandusie" oggi si chiama Ripa di Carnevale chiamata così perché fino a pochi anni fa veniva buttato il pupazzo di carnevale alla fine delle festività. E’ un posto che sembra non appartenga al nostro tempo, dove si avverte un contatto forte con la natura. Ci si abbandona alle suggestioni dei suoni, al verde brillante, ai suoi ritmi originari. Presso la fonte scorre un piccolo ruscello, "il Banzullo" e, secondo uno studio filologico sull’etimologia del nome Bandusia in rapporto a quello greco Pandosia,condotta dal prof. Michele Feo dell’Università di Firenze, si riporta che proprio qui potrebbe essere collocabile, nell’immaginario sociale dell’epoca, il fiume Acheronte, dove Caronte trasmigrava le anime. Con la fine del Paganesimo e l’inizio del Cristianesimo questo nome malefico troverà una nuova collocazione a pochi chilometri di distanza, e cioè ad Acheruntia, l’attuale Acerenza. Banzi ha un rapporto intimo e significativo con l’acqua infatti vanta ben 77 fontane tra cui: le Fontanelle, la Fontana dei Monaci, la Fontana dei Conconi. Queste ultime venivano utilizzate per abbeverare gli animali mentre i panni si lavavano alle Fontanelle.
L’acqua scorreva limpida e fresca.
Quasi del tutto scomparsa dal V sec. d.C. con le invasioni barbariche prima e saracene dopo, Bantia ricompare tra le pagine della storia con la costruzione del monastero benedettino di Santa Maria. La costruzione religiosa fu possibile grazie alle pietre dell’antica Bantia.
La chiesa del monastero fu consacrata da Papa Urbano II nel 1089 quando, qui, si incontrò con i figli del Guiscardo e 33 vescovi del Centro-Sud d’Italia, per preparare i lavori del Concilio che doveva aver luogo pochi giorni dopo a Melfi. L'abbazia smise il suo servizio religioso nel 1806 anno in cui arrivarono le leggi del Murat.
Domenico Pannelli, segretario anconitano dell’abate commendatario di Santa Maria di Banzi, redasse nel 1755 le memorie del monastero bantino, tracciandovi una storia del paese e delle sue origini.
La chiesa come appare oggi è in stile barocco rococò mentre l’esterno è in stile romanico.
Al suo interno troviamo una Madonna lignea del XIII secolo di particolare pregio, una tela Cinquecentesca di Madonna col Bambino, un prezioso cofano ricamato a mano contenente le ossa di Santa Castoressa, un affresco di frate agostiniano del 1300-1400, varie pianete di seta del XVIII secolo e un pregiato organo del 1700.
Nel centro storico del paese, nei locali ristrutturati dell’antica abbazia, trova oggi collocazione il Museo Multimediale di Città Divina Bantia, dove al primo piano viene raccontata la vita di San Benedetto e il modo di vivere dei benedettini mentre al secondo piano si racconta l’arte dell’ornitomanzia nel mondo Mediterraneo, dal I millennio a.C. fino alle civiltà etrusco – italiche.
Molto importanti per il loro aspetto socio-culturale sull’antichità del sito, sono i referti tombali abbondantemente ritrovati nel corso degli ultimi due secoli e oggi rintracciabili in vari musei nazionali.
In una delle tombe è stata rinvenuta una spada con il fodero databile alla metà del quarto secolo con una fascia decorata a sbalzo che decora l’esterno del fodero. Vi si legge una scena di caccia al cinghiale e a partire dal VI sec a. C. compaiono nelle tombe intagli ottenuti lavorando l’ambra. Le tombe 419 e 239, databili alla fine del V secolo a.C., contengono una brocchetta che specifica una cerimonia di passaggio inserita in uno dei più importanti cicli festivi dedicati a Dioniso. Veniva consegnata ai bambini che compivano tre anni, una copia in scala del particolare del vaso da vino usato dagli adulti, il chous. Da quel momento in poi sarebbero divenuti cittadini. Se però il bambino moriva prima di aver compiuto tre anni, la brocchetta era collocata nella sua tomba.
Banzi è oggi un piccolo paese a forte vocazione agricola con colture estensive di tipo cerealicolo e il cui territorio collinare, posto sui pendii del monte Vulture, è una delle tredici zone territoriali DOCG per il vino aglianico. Tra le sue specialità culinarie si segnalano, come "u cunigli chien" (coniglio ripieno), "i capundidd e fasul" (cavatelli e fagioli), l’immancabile "sozizza" (salsiccia di maiale) e, in particolare, "u vridett" (brodetto) che probabilmente costituisce il suo piatto più elegante e rappresentativo: è un brodo cucinato in periodo pasquale con asparagi e finocchietto nel quale viene cotto, a pezzi, la carne di agnello con il tuorlo d’uova.
Il 25 giugno, Banzi festeggia il Santo Patrono, San Vito; mentre il 18 agosto si tiene il corteo storico medievale che ricorda la venuta di Papa Urbano II. Da segnalare è l’evento sportivo della maratona chiamata "Sei ore dei templari", ufficialmente inserita tra le gare ufficiali internazionali delle maratone.
A Banzi scorre tutto lentamente, è un fluire che ha il ritmo delle sue sorgenti dove poter riscoprire un nuovo senso dello spazio e del tempo che rimandano a radici rurali e contadine.
Una cornice di antiche pietre, templi e domus dove gli elementi naturali si uniscono alla storia e alle tradizioni in totale simbiosi.
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